Le gioie della corsa, i dispiaceri del calcio.

Ci siamo. Che ore sono? Sto giocando da mezz’ora, la partita e’ iniziata alle 1.45 (ultima idea geniale della federazione calcistica locale), e fa caldo. Secco. Sono un po’ stanco. Sono le 2.15

Soltanto 6 ore prima finivo la solita Cradle of Humankind, una 10km con arrivo di fianco al lago all’interno di Klooficht Lodge. Avevo tentato disperatamente di non spingere troppo per risparmiare energie, ma dopo 2 chilometri troppo lenti ho lasciato perdere e ho disteso la falcata. Il tempo finale non era eccezionale (poco sopra i 46 minuti per una 10km nemmeno troppo difficile), ma segnava comunque il migliore tempo di questo 2013 sulla distanza e il decimo tempo migliore di questi dieci anni di corsa.

Sto correndo. Giocare fuoricasa, a 40km da Weltevedren Park, nel pessimo sud di Johannesburg, non mi piace mai. Arrivi sempre troppo tardi, non hai mai tempo di riscaldarti, e ogni tanto ti chiedi se la tua macchina e’ ancora parcheggiata li’ fuori.

Solo 15 minuti, eravamo andati avanti 1-0. E, per il terzo anno di fila, ad aprire le marcature nel nuovo campionato ci avevo pensato io. Corner, la palla mi arriva, la stoppo di petto, e colpisco nell’angolo piu’ lontano. Purtroppo 10 minuti fa un pessimo retropassaggio ha consegnato l’1-1 dopo aver dominato in lungo e in largo.

Mi ritrovo a giocare in mezzo alla difesa, in un 3-5-2 che non mi dispiace per niente. Vorrei potere aiutare a centrocampo, ma la mancanza di 4/5 giocatori infortunati mi ha obbligato a stare dietro.

Che ore sono? Le 2.16. Fa caldissimo. Le mie gambe sono un po’ stanche, ma per questa punizione dalla tre-quarti provo a tornare avanti.

Punizione battuta malissimo dal mio compare di squadra. La palla in qualche modo si impenna. Inizia a scendere, e mi accorgo che intorno a me, ad una ventina di metri dalla porta, non c’e’ nessuno. La palla sta inizando a scendere. 15 metri. 10. 5. 4. 3 metri. Due. Uno. 40 centimetri. Venti.

3 secondi piu’ tardi il portiere e’ ancora li’, a chiedersi cosa sia successo. Non ha ancora capito che, prima di toccare l’erba secca, il pallone e’ stato colpito al volo ancora una volta da quel difensore che urla a tutti con quell’accento strana.

Ho segnato di nuovo. Un goal di quelli da ricordare.

Un’ora piu’ tardi, il goal di ricordare e’ gia’ dimenticato. Abbiamo perso 3-2. Un goal che non serve a niente. Due goal che non servono a niente. E’ il calcio, mi ricordo. Comandi per 89 minuti e l’altra squadra ha tre occasioni impossibili e segna tre goal.

Peccato.

Cazzo.

(qui sotto, qualche foto della gara. I dettagli come al solito qui: http://runkeeper.com/user/olafek/activity/172706715)

The finish stretch

L’arrivo nella nebbia

Another medal for the collection

La solita medaglia

Arriving by the lake

La solita faccia allegra

Scalando (di corsa) le montagne dietro Glenburn Lodge

Glenburn Lodge e’ un posto che conosco molto bene. Li’ mi sono sposato con Lindsey nel 2008, e ogni anno torno a passare una giornata in sua compagnia per celebrare 365 giorni passati insieme.

Dietro a Glenburn c’e’ una montagna, che almeno dal 2008 volevo conquistare, giusto per vedere la vista della valle dalla cima, ma, per mancanza di tempo o di occasioni, non sono mai riuscito nemmeno ad avvicinarmi.

Andy, il marito della sorella di Lindsey (mio cognato in pratica), quest’anno ha deciso di cimentarsi con il Trail Running (corse offroad, tra foreste, ruscelli e montagne), e,  quando mi ha proposto una gara che si svolgeva proprio su quella montagna, mi sono affrettato ad iscrivermi con lui (dopotutto nel mio ultimo triathlon la parte di corsa in mezzo alla foresta e fiumi mi era piaciuta un sacco).

La giornata non era proprio ideale: dopo 2 giorni di pioggia continua la nebbia (che qui non vedo mai) era scesa su tutta la zona, e guidare fino a Glenburn alle 5.30 di mattina era un bel problema.
Arrivati giusto in tempo per la partenza, abbiamo passato i primi chilometri di un percorso lungo 13 a cercare di non inciampare nel gruppo in mezzo alla foschia.

Una volta iniziata la scalata, su un sentiero con pendenze davvero difficili, a velocita’ ridicole (una lunga, lunghissima fila indiana), non si poteva piu’ tornare indietro.
Arrivati in qualche modo in cima, e gustato un po’ di sole, che stava finalmente facendosi largo tra nuvole e nebbia, era giunto il momento di scendere per poi attraversare la valle e iniziare la seconda (e ultima) scalata.

Se salire era stato faticoso, scendere correndo su rocce umide in un sentiero ancora piu’ stretto di quello precedente  si rivelava molto piu’ stressante. Evitare capitomboli e infortuni non e’ un modo di correre famigliare a chi come me di solito corre soltanto sull’asfalto!

Dopo la seconda, lunga (ma meno ripida, per fortuna) scalata, era giunto il momento di arrivare al traguardo, dove io facevo il solito scatto nell’ultimo chilometro, lasciando Andy, che aveva corso con me fino a quel momento, indietro.

L’esperienza, una volta completata (in quasi due ore), era davvero soddisfacente: correre tra i boschi, salire e scendere su sentieri adatti a springbok piu’ che a bipedi e guadare qualche ruscello sono momenti che non succedono spesso (anzi, mai) sulle corse su strada.

Probabilmente in futuro provero’ ad alternare gare di questo tipo con le solite corse su strada. Ma prima dovro’ perdere qualche chilo perche’ scalare montagne con il mio culone e’ davvero faticoso…

I dettagli della corsa li trovate qui: http://runkeeper.com/user/olafek/activity/169984331?&tripIdBase36=2t7cqz

Qualche foto della gara:

Starting in the fog

La partenza in mezzo alla nebbia. Li’ dietro c’e’ una montagna, prometto!

The bros

All’arrivo con Andy

With my medal

Con la mia medaglia

Some sun finally

La montagna, finalmente senza nebbia

The medal

Un’altra medaglia per una collezione infinita

Preparativi burocratici

Per un sudafricano senza passaporto europeo viaggiare in Europa dal 2009 ad oggi e’ un problema.
Qualche anno fa potevano presentarsi alla frontiera e semplicemente farsi stampare il passaporto, come facciamo noi italiani nella maggior parte dei paesi del mondo.

Invece, dopo uno scandalo riguardante l’immigrazione clandestina verso l’Inghilterra (alcuni indiani entrarono in UK con visti falsi), ora, per viaggiare, bisogna fare richiesta anticipata e pagare prezzi ridicoli.

Lindsey, fortunatamente, e’ sposata con me e quindi, nonostante si trovi a fare le trafile per la richiesta di un visto (nel suo caso pero’ durera’ 3 anni e non 3 mesi), non deve pagare niente.
Ma i miei compagni del prossimo viaggio europeo (Debbie e le sue figlie) devono sborsare somme esuberanti solo per fare richiesta. Se poi il visto viene negato (le possibilita’ sono poche, ma non si sa mai) i soldi non saranno comunque restituiti.

Mentre per l’Italia “basta” un visto di tipo Schengen (e una ventina di pagine di documentazione, oltre a garanzie economiche e foto di un certo tipo), per l’Inghilterra la trafila e’ assurda.
Compilare il questionario online (unico modo per sottomettere i documenti) richiede circa un’ora per profilo. Moltiplicate per 3 persone e potete immaginare lo stress.

I prezzi: una richiesta di visto costa circa 100 euro, a testa. Moltiplicate per tre (Debbie, Kaitlin e Jade), e poi per due (Italia e Inghilterra), e ottenete un 600 euro che per una famiglia sudafricana equivale a mezzo stipendio.

In entrambi i casi bisogna decidere che giorno presentarsi sui servizi online, ma poi, soprattutto nel caso italiano (l’ambasciata non si occupa piu’ dei visti, tutto e’ in mano ad un’agenzia esterna chiamata Capago, in Sandton piuttosto che nella piu’ vicina Houghton), si finisce ad aspettare ore per essere ricevuti.

Certo non aiuta il fatto che il sistema di ticketing, proprio quando toccava a noi, ha deciso di saltare in aria…

Visa office in Sandton

Estate 2013: viaggio di gruppo in Italia, qui le informazioni!

Torno in Italia. Dopo la toccata e fuga a Febbraio, stavolta mi porto dietro una truppa intera.

Oltre a Lindsey, che non torna in Italia in estate dal 2008 (nel 2009 e 2011 tornammo in inverno, durante Natale), con me viaggeranno Debbie, cugina di Lindsey, e le sue due figlie, Kaitlin (15 anni) e Jade (13), che 5 anni fa avevano partecipato al mio matrimonio come piccole damigelle durante la cerimonia (nel frattempo sono cresciute).

Purtroppo il tempo che passero’ in Italia nei dintorni di Canegrate sara’ come al solito limitato, visto che per trovare biglietti economici siamo stati costretti a fare salti mortali.

Debbie, sudafricana, e le sue due figlie, per venire in Italia (e poi a Londra) devono fare richiesta ufficiale alle varie ambasciate, pagando spese assurde per ottenere un visto del tipo Schengen. Per venire in Italia, sono quasi 300 euro per tutti e tre. Per andare a Londra, un po’ di piu’! E questo dopo aver speso soldi per comprare biglietti…(Lindsey, fortunatamente, non deve spendere niente visto che e’ sposata con me).

Il programma finale e’ il seguente:

– Partenza da Johannesburg il 20 Giugno 2013, arrivo a Milano Malpensa il giorno dopo, 21 Giugno, alle ore 6:55, dopo un viaggio via Addis Abada (Etiopia) e Roma.

– Weekend in zona, con possibili escursioni o a Gardaland (non ci vado dal 1999 credo), o a Monaco, per trovare Anna (non torno li’ dal giorno del suo matrimonio)

– Martedi’ 25 Giugno partenza verso la Sicilia, con volo Milano Malpensa – Catania (partenza alle 11:30, ritorno alle 15:30). Siamo stati gentilmente ospitati dal mio compare Giamba a Scoglitti (sulla costa meridionale della Sicilia). Il viaggio a Scoglitti nel 2007  rappresento’ la mia ultima escursione italiana prima di partire per il Sudafrica.

– Ritorno a Milano Venerdi’ 28. ATTENZIONE: arriveremo il 28 alle 15:50 ma, senza lasciare l’aereporto, ripartiremo in direzione Londra (Gatwick) alle 18:40 (sperando di farcela!)

– Se il punto successivo filera’ liscio, saremo a Londra dalle 19:30 di Venerdi’ 28 fino alle 13:30 di Venerdi’ 5 Luglio, dove lasceremo Gatwick per atterrare a Milano Malpensa alle 14:40

– Altro weekend in zona e poi torneremo tutti (sani e salvi, si spera) in Sudafrica, partendo Domenica 7 Luglio alle 21:15 sempre da Malpensa.