Venticinque

Ho iniziato a giocare a calcio, spronato da Holly e Benji in televisione – su Bim Bum Bam – e da Beppe (che mi aveva accompagnato in quel primo allenamento all’Oratorio San Luigi di Canegrate, ora conosciuto come Calcio Canegrate & OSL) quando avevo 9 anni ed ero in quarta elementare. Era il 1986.

Berlusconi comprava il Milan e vinceva lo scudetto inseguendo e superando il Napoli di Maradona due anni piu’ tardi, mentre in Italia tutti votavano ancora Democrazia Cristiana.

Non c’erano strutture organizzate per bambini. La categoria “primi calci” non esisteva (e non sarebbe esistita per chissa’ quanti anni). Ogni due anni cambiavi categoria , da pulcini ad esordienti, da esordienti a giovanissimi, da giovanissimi ad allievi e poi in Juniores, Under 21 o prima squadra.

Le categorie non erano divise in anni di nascita (come adesso, dove gli esordienti nati nel 98 e quelli nati nel 99 fanno parte di squadre diverse) e rischiavi, in piena puberta’, di essere circondati da ragazzi coi vocioni e i primi peli sul petto che parlavano di come procurarsi i pornazzi dal cugino mentre tu pensavi soltano a tornare in casa in tempo per non perdere la puntata di Holly e Benji o Kenshiro e magari comprarti il Topolino all’edicola della stazione.
Edicola che allora teneva le riviste pornografiche in bella mostra sul retro.

Sapevi che prima di giocare la prima partita avresti passato settimane a correre e a toccare la palla solo se l’allenatore (che normalmente cambiava ad ogni passaggio di categoria) aveva voglia di calciare la palla con te.
Ma non importava.
Una volta iniziata la scuola, a Settembre, sapevi che con la serie A sarebbe iniziato anche il tuo campionato. E non vedevi l’ora di essere nello spogliatoio, prima di una partita, curioso di sapere quale numero l’allenatore di avrebbe dato e di conseguenza quale ruolo avresti dovuto coprire durante la partita.

Gia’, c’era una volta un periodo in cui il numero indicava il ruolo. Per quelli che correvano c’erano 4 numeri: terzino destro? 2. Sinistro 3? Ala destra? 7 Sinistra? 11. Per quelli che invece erano grossi e coi piedi scarsi c’era il 5 (lo stopper) e il 4 (il mediano, solo se avevi piedi leggermente migliori dello stopper). Il 6 di Baresi indicava il libero. Il 9 il centravanti. L’otto il centrocampista centrale alla Ancelotti.
E poi il 10, il numero di Holliver Atton, di Maradona, di Platini, di Pele’. Quello che volevano tutti. Anche lo stopper.

A me sinceramente importava poco. Preferivo giocare, vincere, segnare e magari avere la fascia di capitano. Mi piaceva l’atmosfera elettrica prima di ogni partita, e mi piaceva sentire il mio nome chiamato per farsi dare un maglia con un numero inferiore al 12 oppure per firmare la distinta da capitano (e anche da vice tutto sommato).

Sono passati 25 anni da allora. Ho visto passare facce e giocatori di tutti i tipi, in quattro nazioni diverse (incluso il campionato estivo polacco che facevo a Poznan).
Ho sentiro parlare intorno a me chissa’ quanti dialetti e lingue straniere.
Ho segnato montagne di goal a Canegrate nella categorie giovanili mentre io e i solito noti (Beppe, Massi, Solbia, Borti) venivamo trasportati a destra e sinistra per la provincia da mia madre prima e poi da chiunque aveva una patente, prima di trasferirmi all’estero e riscoprirmi giocatore difensivo e gustare ogni tackle e colpo di testa e rialzarmi ogni volta che mi buttavano a terra. Ho trovato una squadra di calcio in Inghilterra prima di parlare inglese. Ho dovuto conquistarmi la fiducia dei miei compagni non arrendenomi mai visto che con la lingua per i primi mesi non c’era verso.
Sono diventato capitano in Italia, in Inghilterra e in Sudafrica.

Prima di trasferirmi qui in Sudafrica, dove in 3 anni ho vinto piu’ trofei di squadra e personali che non nel resto della mia carriera, ho giocato e perso chissa’ quante partite.

Ma in in questi 25 anni, non ho mai smesso di giocare a calcio, o di pensare di smettere.
Correre e faticare, a gennaio in Sudafrica come a settembre in Europa, mi ha fatto sempre piacere. Perche’, alla fine, voglio tornare a sedermi li’, nello spogliatoio, circondato dai miei compagni e in attessa dell’ennesima battaglia sul campo da calcio. Anche se quel numero 18 che mi e’ stato assegnato dal Panorama F.C. 3 anni fa, quando ero bambino non mi avrebbe neppure visto partire dalla panchina…

E poi ditemi se questo non e’ lo sport piu’ bello del mondo.

Qui sotto la medaglia ufficiale della federazione che ci e’ stata consegnata Sabato alla premiazione per la stagione 2010. Alla fine si gioca ogni tanto anche per vincere!

The RCLFA medal