Comrades, e sono due

Se l’anno scorso la gara mi aveva praticamente ucciso, riducendomi a camminare per quasi 20km (in salita), tra crampi e dolori vari, stavolta io e il mio compare di avventure (Andy) eravamo pronti. Basta guardare la foto ufficiale dell’arrivo, dove entrambi, dopo 90km di corsa, avevamo ancora la forza di scattare:

The final stretch in the stadium

Scattando all’arrivo

Era ormai dallo scorso Ottobre che avevamo iniziato ad allenarci, correndo meno ma meglio, e perdendo numerosi chili durante gli ultimi mesi. Alla fine la combinazione di allenamenti intelligenti, dieta e yoga (mi sono ridotto a fare una volta alla settimana Bykram Yoga per riacquistare un po’ di elasticita’ a muscoli rovinati da anni di sport senza mai fermarmi) mi ha decisamente aiutato nell’impresa di correre 90km e non avere troppi problemi il giorno dopo.

Saying goodbye for a weekend

Bye bye, ci vediamo tra 3 giorni

Senza le rispettive mogli (Lindsey era rimasta a casa, incinta di 8 mesi, mentre Kirsten rimaneva con Campbell), partivamo di sabato mattina e arrivavamo poche ore dopo a Pietermaritzburg (un buco di citta’, famoso soltanto per essere la sede della prima partenza ufficiale della Comrades nel 1921).
Come tutti gli anni pari (e a differenza dello scorso anno), la gara partiva sull’altopiano per poi, dopo 90 km di discesa, arrivare sull’oceano nello stadio di Durban.  Una downrun insomma.

Posing with the dude who invented the Comrades (dead)

In posa col creatore della Comrades

This year's motto

Il motto di questa edizione: “ti rendera’ umile”

Ritirato il numero e passata la serata a dormire a casa dei gentili padroni dell’ostello che avevamo prenotato (ma non aveva posti per noi!), dopo avere preparato tutto per la corsa, dormivamo giusto 6/7 ore per svegliarci il giorno dopo alle 4.30 e presentarci ai blocchi di partenza per le 5.30.

The kits are out

Tutto pronto per la gara!

Sin dall’inizio della gara (lunghissima, 90km non sono per tutti), Andy e io decidavamo di correre ad un ritmo molto piu’ lento del solito (intorno ai 6.10/6.20 al km), tentando di conservare energie per la seconda parte, dove le numerosi discese fino all’oceano ci avrebbero aiutato a compensare l’eventuale crollo fisico.

Almost time for the start

Quasi pronti per la partenza

E cosi’, per 90km (e per la prima volta), siamo riusciti ad attenerci al piano di battaglia, rallentando per bere e mangiare (evitando coca cola, sempre numerosa…) alle stazioni di rifornimento ad ogni 2 km, camminando per sciogliere un po’ i muscoli prima di avere crampi (nessuno dei due ha avuto problemi in quel reparto), e tentando di stare piu’ sciolti possibili durante le lunghissime discese, dove di solito avvengono i peggiori infortuni.

Looking strong

Senza problemi

Almost done

L’ultimo miglio

After 90km, I deserve a smile

Anche quest’anno ce l’abbiamo fatta

Se l’anno scorso ci eravamo praticamente trascinati fino all’arrivo con soli 45 minuti disponibili prima del crudele taglio, questa volta, complice la gara in discesa e la forma migliore di entrambi, ci presentavamo davanti alla telecamere della televisione di stato (la SABC, praticamente la RAI locale) in un ottimo 9 ore e 36 minuti (il vincitore era gia’ arrivato 4 ore prima, con il nuovo record!

Lindsey e il resto della famiglia riusciva addirittura a vederci in TV dove riuscivamo ad ottenere i nostri 5 secondi di gloria (appena riesco a digitalizzare il video lo metto online)

Back to back medals!

Le due medaglie conquistate dopo quasi 10 ore di corsa

Il giorno dopo, con le nostre due medaglie al collo (una di bronzo, per quelli che completavano la gara sotto le 11 ore, e una speciale per chi ne completava due di fila), salivamo sull’autobus e tornavamo a casa, dopo un viaggio di 7 ore passato in compagnia di altri corridori troppo stremati per parlare…

I dettagli della gara li trovate qui: https://connect.garmin.com/modern/activity/1191425656

Tutte le foto invece sono qui: https://www.flickr.com/photos/olafmeister/albums/72157668731251710

 

Comrades. 5 mesi per 90km di dolore e gioia

La Comrades e’ una delle “ultra” piu’ famose e brutali al mondo.
Da fine Dicembre fino a poche settimane fa io e mio cognato (Andy, anche se quel “bro in law” in inglese suona sempre meglio) abbiamo accumulato chilometri su chilometri, soprattutto di salite (e discese).

Zero no more

 

Togliamo quel zero dal numero va…

Lui fino a 5 mesi fa non aveva completato niente di piu’ che una mezza maratona.
Nel giro di pochi mesi e’ riuscito ad ottenere un tempo valido qualificandosi tramite la terribile maratona notturna di Ottosdal e poi ripetendosi con me durante la 50km della Om Die Dam. Niente male!

Abbiamo corso dovunque. Il piu’ possibile (basta guardare il mio profilo sul sito della Garmin), soprattutto i 30km del Cradle of Humankind, un loop per ciclisti e corridori senza traffico, in mezzo al nulla, tra salite micidiali.
Durante la settimana, con l’inverno che arrivava, mi sono ritrovato a svegliarmi alle 4.30, guidare a casa sua e correre dalle 5 alle 7, per poi tornare a casa, riposare un’ora, portare i cani fuori e poi cominciare a lavorare.

The start of the Comrades

 

La partena alle 5.30 di mattino

Quando sai che devi correre 90km non puoi sopravvalutare la distanza. Ci sono un sacco di imprevisti (umidita’ – la partenza era a livello del mare a Durban, alimentazione, crampi, infortuni, sfortuna) che e’ difficile prevedere. Immagina di infortunarti alla caviglia dopo 30km.. vai avanti? Smetti? 90km sono tanti, e hai 12 ore per finire la gara, trasmessa live su SABC ogni anno.

When I had still legs...

 

In forma sulle prime salite

Dopo i vincitori (che arrivano in meno di 6 ore), tutti aspettano di vedere quelli che concluderanno la gara nell’ultimo minuto. E’ una delle scene sportive piu’ crudeli: alle 17.30, esattamente 12 ore dopo la partenza, un colpo di pistola segnalera’ la fine della corsa. Arrivi dopo le 12 ore? Magari in 12 ore e 1 secondo? Non importa, l’area di arrivo viene chiusa e tu rimani senza una medaglia, senza essere classificato. Non conti niente. E rimpiangi di esserti fermato a pisciare a 20km dal traguardo.

La tattica adottata da entrambi era simile: dopo una partenza inesorabilmente lenta (22.000 corridori! primi 5-6km fatti a 12-13 min/km) cercavamo di trovare un ritmo decente (sotto i 7min/km) per tenerlo il piu’ possibile. Una volta stanchi morti, se anche camminando (10-11min/km) arrivavamo al traguardo, camminavamo.

Pretending to run for the camera

 

Con Andy

Le salite erano tanto storiche quanto mortali. Cowie’s, Field’s, Botha’s,  Polly Shorts: nomi che mi fanno ancora tremare le gambe. Dopo 90km il totale “scalato” era di 2400 metri. Sotto il sole, sotto l’ombra delle montagne, sotto il freddo del tramonto di Pietermarizburg.

Running with Andy

 

Mentre faccio finta di correre per il fotografo

Io fino ai 50km (il mio limite “di corsa”) non aveva avuto problemi, ma poi un improvviso attaco di vomito mi stordiva per almeno 10km passati a correre e vomitare.
Per fortuna che Andy, staccato prima, passava proprio dopo un di questi attacchi, e mi attaccavo a lui per completare la corsa. Correvamo 30km insieme, incoraggiandoci a vicenda (piu’ lui che io sinceramente, per la prima volta da quando abbiamo cominciato ad allenarci) e arrivavamo stremati.

L’arrivo era incredible, lo stadio di Cricket era completamente invaso da tifosi e famigliari. Noi, dopo 20km passati a camminare le ultime salite, decidavamo di correre per completare in gloria. E le foto testimoniano il sollievo sulle nostre facce.

After more than 11 hours, we are here!

 

L’arrivo!

With Andy at the finish

 

Le nostre medaglie

My hard-earned medal

Mai una medaglia fu piu’ sofferta
Prendavamo la nostra medaglie in un decente 11:19 e, dopo il solito collasso, cominciavamo a pianificare la prossima edizione…

(per fortuna che il giorno prima ci eravamo rilassati in compagnia del resto della truppa, Lindsey, Kirsten e Campbell sulle fantastiche spiagge di Durban, che anche in inverno rimane un posto caldissimo!)

Qualche foto del giorno prima (passato a rilassarci nella maniera piu’ assoluta!)

Going inside the aquarium

With my nephew

More flying dolphins!

With Lindsey

Still warm in winter

Sopravvivenza sportiva: basta un ghiacciolo (70.3 Iron Man in Durban!)

Getting ready the night before

La notte prima

“Wave number 4, please approach the beach”

Finalmente il momento tanto atteso sta arrivando. Dopo aver approfittato dell’ospitalita’ di Shari in Howick due notti prima, a circa 100km da Durban (ma a ben 500km da casa), e aver passato una serata rilassante ieri sera, in un albergo a pochi chilometri dalla spiaggia, sto per tuffarmi in acqua per la parte piu’ difficile del mio primo 70.3 Half Iron Man (il Tri Rock di Durban): il nuoto.

All so tight in here!

Mentre mi preparo alle 6 di mattina

Now we wait

Pochi minuti prima della partenza

Il giorno prima con Lindsey e Shari mi ero presentato a questo stesso molo per provare a capire due movimenti che mi erano sconosciuti: correre verso il mare aperto, tentando di tuffarmi nelle onde per riuscire a prendere il ritmo prima possibile, ed uscire, evitando lo forti correnti che continuano a spedirmi 10-15 metri piu’ indietro di dove avevo iniziato.

Tre gruppi sono gia’ partiti, inclusi i professionisti che probabilmente hanno quasi finito i 2km o poco meno di nuoto. Il percorso e’ stato cambiato visto che piu’ a Nord il giorno prima le onde avevano creato condizioni impossibili.

Le onde il giorno prima

No swimming allowed a day before the triathlon

Divieto di nuoto il sabato prima della gara

“Wave number 4, 2 minutes to go”

Saluto Lindsey, e vedo la preoccupazione sul suo viso. Sa benissimo che delle tre discipline, il nuoto e’ quella in cui me la cavo meno. Io che solo settimana scorsa sono quasi affogata durante uno sprint triathlon, e che per migliorare mi sono preso un insegnante privato che incontro ogni Venerdi’ alle 6.30 di mattina a 30km da casa mia.

Guardo tutte le persone intorno a me, e la maggior parte sono piu’ alte, piu’ in forma, e decisamente piu’ a loro agio sul mare. Probabilmente vivono a pochi chilometri dall’Oceano, oppure hanno anni di esperienza.

“Wave number 4, 10 seconds…9… 8…”

Sono tutti gia’ partiti. Una corsa di 20 metri in acqua alta fino alle ginocchia e poi ecco le onde, che nascondono la prima boa, a 100 metri da qui. Mi butto contro la prima onda, e riesco in qualche modo a trovare un ritmo. Inizio a nuotare. Respirazione unilaterale (purtroppo ancora mi sfugge il respiro su due lati). Mi faccio largo tra un po’ di nuotatori, e, in poco tempo arrivo alla boa. La sorpasso e volto a sinistra, cercando la seconda boa, a poco meno di 2 km di distanza. Con le onde e’ difficile vederla, ma appena la scorgo, cosi’ lontana, guardo subito in alto in direzione della spiaggia, cercando punti di riferimento verticale. Il Suncoast casino e’ li, e a poca distanza vedo il bellissimo stadio Moses Madhiba costruito per i mondiali di 4 anni fa. Sara’ il mio punto di riferimento.

And here we go!

Si parte!

Swimming to the first buoy

Prima boa

Non sono velocissimo, ma non mi fermo mai. Se qualche nuotatore si aggiunge di fianco a me, tento di seguirlo per evitare di perdere tempo guardando davanti. Altrimenti mi tocca muovere la testa e cercare l’arco dello stadio.

Il ritmo non e’ velocissimo, ma qui in mare aperto e’ quello che mi serve: regolare. Non sbuffo, non bevo acqua, mi concentro sulla tecnica e vado avanti. A meta’ gara mi passa sotto la faccia un blue bottle, una specia di medusa (anche se in verita’ non lo e’), che mi tocca coi tentacoli e mi provaca un fastidio mica da poco sul naso e sulla bocca (non saro’ il solo).

Dopo 40 minuti finalmente passo la seconda boa e svolto ancora a sinistra, dove vedo la spiaggia. Gli ultimi 100 metri sono brutali. Le onde sono salite e la fortissima corrente continua a rendere la spiaggia un miraggio inarrivabile. Vedo un po’ di persone, piu’ affaticate di me, avere difficolta’ ad uscire. Io invece di tirare dritto decido di prendere una via piu’ lunga, tornando quasi indietro, e tagliando la corrente.

Esco dopo 2km in 46 minuti, e prima della transizione mi tocca correre 800 metri tentando di togliermi la tuta da nuoto (super aderente). Vedo Lindsey proprio prima delle bici, ed entrambi ci scambiano un sorriso sapendo che la parte difficile e’ finita senza problemi.

I'm alive Lindsey!

Finalmente fuori

Prendo le bottiglie d’acqua che mi fornisce al volo, e parto, per 90km di bici lungo la costa.

Dopo qualche chilometro di assestamento, noto la piu’ grande differenza con il nuoto: il silenzio. Mentre nuotavo il costante rumore dell’oceano intorno a me, e la musica di sottofondo proveniente dalla spiaggia erano continuamente presenti. Qui, con regole di non-drafting (non puoi andare in scia a nessuno, devi avere almeno 10 metri di distanza), e l’autostrada chiusa alla macchina, non sento nessuno rumore. Non c’e’ traffico, ci sono pochi spettatori (tutti saranno intorno al percorso di 7km, da fare 3 volte, sulla spiaggia) e in generale, lungo la costa settentrionale di Durban, non ci abita proprio nessuno.

45km verso Ballito, continuando a salire negli ultimi 15. E poi via verso Durban, tentando di scorgere lo stadio, che mi indica il punto di arrivo. L’unico mio pensiero, mentre volo a 50km/h in posizione aerodinamica, e di non forare, ma fortunatamente le strade sono in condizioni perfette.

Time to get on the bicycle

Tempo di salire in bici

Dopo 3 ore e 10 minuti vedo di nuovo Lindsey, davanti all’ultima area di transizione. Le nuvole sono sparite, e ormai il sole (siamo vicini a mezzogiorno) sta iniziando a picchiare. Scendo dalla bici in qualche modo (nessuno scende in maniera elegante), saluto Lindsey e inizio a correre. 7km lungo la spiaggia, 3 giri, 35 gradi.

Time to (try to) run

E ora si corre

Il primo giro e’ un dolore unico. Le ginocchia stanno per crollare, e non riesco a prendere il ritmo. Ma continuo a correre. Mai fermarsi. Nel secondo finalmente sgranchisco un po’ le gambe ma le stazioni di rifornimento (ben 4 lungo i 7km) mi sembrano lontanissime, e inizio a soffrire il caldo. Ad ogni stazione passo, afferro due bicchiere, ne bevo uno e me ne rovescio un altro sulla testa.

Il caldo e’ terribile, e fortunamente Lindsey mi si presenta con la soluzione: un ghiacciolo. A meta’ del secondo giro e’ in piedi, offrendomi il ghiacciolo mentre corro. Lo prendo, e finalmente riesco a sentirmi meglio mentre in qualche modo corro e succhio allo stesso momento. Un giro piu’ tardi, mentre sto per concludere la gare, vedo altre mogli o ragazze che prendono il prestito la stessa idea per i loro amati corridori.

A 200 metri dalla fine, davanti allo stadio, finalmente posso svoltare a sinistra, verso l’arrivo (in salita) e non a destra per un ennesimo giro. Arrivo stremato. Morto. Ma arrivo. Poco meno di 2 ore di corsa. Totale 6 ore e 2 minuti, passate senza mai fermarmi.

Il faccione mi da ancora fastidio per colpa della medusa di 5 ore prima, ma poco importa. Ho finito il mio primo half iron man, 113km di gloria e dolore.

And finally it's over!

Finita!

Give me that medal!

Sono leggermente stanco…

The beautiful medal

Non e’ una bellissima medaglia?

Mi merito un bacio, una medaglia, una birra e una pomeriggio rilassante. Sono un eroe. Almeno a casa mia.

With my tehnical team

In cima allo stadio, a rilassarmi

I dettagli della gara sono qui: (finalmente raggruppati in una sola pagina)

http://connect.garmin.com/modern/activity/607157754

Le foto (in attesa di quelle ufficiali) sono invece qui: https://www.flickr.com/photos/olafmeister/sets/72157648475902846/