Un nuovo inizio

Quanti minuti sono passati? Credo 20. Fa ancora caldo (ormai non piove da tre settimane), non posso ancora correre e siamo sotto di un goal.

Mi guardo intorno e vedo una squadra di ragazzini (eta’ media 21 anni se mi auto escludo) che, dopo aver perso ogni singola amichevole di inizio campionato, sta iniziando a demoralizzarsi.
Non dovevo neanche giocare oggi, con uno strappo sulla coscia che non migliora, ma dopo l’ultima amichevole persa 7-0 (guardare dalla panchina la propria squadra venire umiliata non e’ il massimo), l’allenatore mi ha chiesto di entrare in campo, indossare la solita fascia, e semplicemente urlare istruzioni.

E’ tutto quello che posso fare. Sto in piedi, cammino, urlo, ma ad ogni passaggio o contrasto sento la fasciatura sulla coscia muoversi e graffiare la pelle nuda (ho aggiunto nastro per immobilizzare il muscolo malandato).
Siamo ancora sotto 1-0.

Passano forse 5 minuti, e un passaggio in avanti viene intercettato in qualche modo e dopo un contropiede di quelli confusi (mille voci, nessun movimento), l’arbitro concede un rigore a nostro favore, per colpa di un portiere kamikaze che sbaglia i tempi e frana sul nostro centravanti.

Da quanto tempo non segnamo? Da quanto tempo il primo goal arriva dopo essere stati sotterrati di goal nelle amichevoli precedenti? Certo, oggi la formazione in campo e’ stata messa li’ apposta per proteggere la difesa colabrodo (4-5-1 e non si passa), ma adesso e’ venuto il momento di pareggiare.

L’attacante  23enne, mi guarda e mi dice chiaramente che il rigore non vuole tirarlo. Mi guardo attorno, prendo la palle, e semplicemente decido di tirarlo io. L‘arbitro fischia e un secondo piu’ tardi siamo 1-1.
Mi prendo il mio tempo per tornare a centrocampo (cazzo la coscia fa male, bisogna pure approfittare di ogni momento) e dopo 5 minuti torno in avanti per seguire gli sviluppi di un calcio d’angolo in nostro favore.

TV (chiamato cosi’ perche’ il nome di origine indiana e’ impronunciabile) crossa, la squadra avversaria libera, e la palla rotola verso di me ad una ventina di metri dalla porta. Prendo la rincorsa, tiro, e la palla viene parcheggiata all’incrocio. 2-1.

Da quanto tempo non segnavo due goal nella stessa partita? Da anni, probabilmente dal 1998. Si parla dello scorso millennio! E ora sono qui in Sudafrica, a corricchiare sull’unica gamba sana, e ho segnato i primi due goal della nuova stagione (da capitano, che non fa mai male).

La partita finira’ un’ora piu’ tardi con il risultato di 7-3.
L’ultima mezz’ora, sotto un sole che non ci da tregua, vede l’introduzione della schiera dei nostri giocatori di colore che senza problemi segnano 4 goal in 20 minuti, contro una difesa ormai morta.

Certo, probabilmente la qualita’ della squadra avversaria era molto piu’ bassa delle squadre affrontare ad inizio stagione. Ma sapete una cosa? Una vittoria e’ una vittoria quando in palio ci sono i punti…

Fermati.

In the changing rooms

Nuove divise per le amichevoli

Il mio corpo probabilmente mi odia. Continua a urlare di fermarsi, e io non lo faccio mai. Di notte mi tiene sveglio e io faccio finta di niente.

Ogni tanto, pero’, devo anche ascoltarlo.

Dopo aver recuperato in maniera decente dall’infortunio al polpaccio di meta’ febbraio, grazie ad una massaggiatrice 50enne polacca con una forza mostruosa (devo avere le foto dei lividi da qualche parte)  e dopo aver preso parte a deludenti amichevoli pre-campionato (1-2,0-1,2-5,1-5…) mi ritrovo di nuovo ai box.
Il motivo? Un infortunio all’unica coscia che negli ultimi anni non mi aveva dato problemi, quella destra.

Certo, continuare a perdere alla ricerca di giocatori e moduli (i primi tutti nuovi, giovani, timidi, i secondi ancora misteriosi) a una o due settimane dall’inizio del campionato potrebbe demoralizzare tutti, ma preferisco perdere adesso quando le partite non contano niente che in futuro, quando ci saranno 3 punti in palio.
E se proprio non devo giocare e ascoltare il mio povero corpicino, mi conviene farlo adesso. Anche se stasera ci sarebbe l’ennesima amichevole…

Giocare in Florida e poi tornare a Soweto

Dopo 2 settimane in cui sono stato fermo per colpa di un infortunio al polpaccio (e con polpacci come i miei, gli infortuni non sono mai leggeri), sono tornato in piena attivita’ sportiva in vista dell’inizio del campionato di calcio (a Marzo) e della Two Oceans (la mia prima ultramaratona), a Pasqua.

Tornare a giocare a pieno regime dopo 2 settimane passate a casa a fare ben poco non e’ stato facilissimo.
Con una squadra praticamente nuova intorno a me – solo 3 giocatori dello scorso anno – abbiamo affrontato in due mini-partite consecutive da 1 ora ciascuna squadre di due categorie superiori, tutte partecipanti al Florida Albion Tournament per festeggiare i 75 anni di una delle societa’ calcistiche qui vicine.

La prima partita e’ finita 0-2, con due goal subiti in contropiede negli ultimi 5 minuti, mentre la seconda e’ terminata 1-2, per colpa di banali errori difensivi. Giocare con il 3-5-2 (che poi sarebbe un 3-1-4-2 visto che io gioco davanti alla difesa) non e’ semplicissimo, ma una volta imparato il modulo diventa facile scardinare tutte quelle squadre ancora ferme al 4-4-2 (come abbiamo fatto l’anno scorso e come il mondiale ha dimostrato).

Panorama at the Florida Albion Tournament
Riscaldamento prima della partita

Panorama at the Florida Albion Tournament
Tempo di iniziare!

Due giorni piu’ tardi invece tornavo a Soweto (per la precisione ad Eldorado Park) per partecipare alla Township Marathon. Non volevo correre una 42km adesso, cosi’ mi sono accontentato della 15km che, a differenza della mia ultima maratona da queste parti, era stata organizzata benissimo.

Ho finito con un tempo che pensavo fosse cosi’ cosi, ma poi ho scoperto, grazie al mio sito personale dove tengo tutte le statistiche (lo so, sono morboso), che avevo migliorato il mio tempo personale sulla distanza! Un’ora e sedici minuti senza nemmeno tirare troppo per paura di spaccarmi definitivamente il polpaccio tenuto insieme dalla solita applicazione del miracoloso Kinesio tape. Soliti dettagli della gara (percorso, tempi, altitudine), qui: http://runkeeper.com/user/olafek/activity/27020187

Township 15km
Appena arrivato

Township 15km
Un’altra medaglia

Kinesio taping for my calf
Kinesio tape per il mio polpaccio

Venticinque

Ho iniziato a giocare a calcio, spronato da Holly e Benji in televisione – su Bim Bum Bam – e da Beppe (che mi aveva accompagnato in quel primo allenamento all’Oratorio San Luigi di Canegrate, ora conosciuto come Calcio Canegrate & OSL) quando avevo 9 anni ed ero in quarta elementare. Era il 1986.

Berlusconi comprava il Milan e vinceva lo scudetto inseguendo e superando il Napoli di Maradona due anni piu’ tardi, mentre in Italia tutti votavano ancora Democrazia Cristiana.

Non c’erano strutture organizzate per bambini. La categoria “primi calci” non esisteva (e non sarebbe esistita per chissa’ quanti anni). Ogni due anni cambiavi categoria , da pulcini ad esordienti, da esordienti a giovanissimi, da giovanissimi ad allievi e poi in Juniores, Under 21 o prima squadra.

Le categorie non erano divise in anni di nascita (come adesso, dove gli esordienti nati nel 98 e quelli nati nel 99 fanno parte di squadre diverse) e rischiavi, in piena puberta’, di essere circondati da ragazzi coi vocioni e i primi peli sul petto che parlavano di come procurarsi i pornazzi dal cugino mentre tu pensavi soltano a tornare in casa in tempo per non perdere la puntata di Holly e Benji o Kenshiro e magari comprarti il Topolino all’edicola della stazione.
Edicola che allora teneva le riviste pornografiche in bella mostra sul retro.

Sapevi che prima di giocare la prima partita avresti passato settimane a correre e a toccare la palla solo se l’allenatore (che normalmente cambiava ad ogni passaggio di categoria) aveva voglia di calciare la palla con te.
Ma non importava.
Una volta iniziata la scuola, a Settembre, sapevi che con la serie A sarebbe iniziato anche il tuo campionato. E non vedevi l’ora di essere nello spogliatoio, prima di una partita, curioso di sapere quale numero l’allenatore di avrebbe dato e di conseguenza quale ruolo avresti dovuto coprire durante la partita.

Gia’, c’era una volta un periodo in cui il numero indicava il ruolo. Per quelli che correvano c’erano 4 numeri: terzino destro? 2. Sinistro 3? Ala destra? 7 Sinistra? 11. Per quelli che invece erano grossi e coi piedi scarsi c’era il 5 (lo stopper) e il 4 (il mediano, solo se avevi piedi leggermente migliori dello stopper). Il 6 di Baresi indicava il libero. Il 9 il centravanti. L’otto il centrocampista centrale alla Ancelotti.
E poi il 10, il numero di Holliver Atton, di Maradona, di Platini, di Pele’. Quello che volevano tutti. Anche lo stopper.

A me sinceramente importava poco. Preferivo giocare, vincere, segnare e magari avere la fascia di capitano. Mi piaceva l’atmosfera elettrica prima di ogni partita, e mi piaceva sentire il mio nome chiamato per farsi dare un maglia con un numero inferiore al 12 oppure per firmare la distinta da capitano (e anche da vice tutto sommato).

Sono passati 25 anni da allora. Ho visto passare facce e giocatori di tutti i tipi, in quattro nazioni diverse (incluso il campionato estivo polacco che facevo a Poznan).
Ho sentiro parlare intorno a me chissa’ quanti dialetti e lingue straniere.
Ho segnato montagne di goal a Canegrate nella categorie giovanili mentre io e i solito noti (Beppe, Massi, Solbia, Borti) venivamo trasportati a destra e sinistra per la provincia da mia madre prima e poi da chiunque aveva una patente, prima di trasferirmi all’estero e riscoprirmi giocatore difensivo e gustare ogni tackle e colpo di testa e rialzarmi ogni volta che mi buttavano a terra. Ho trovato una squadra di calcio in Inghilterra prima di parlare inglese. Ho dovuto conquistarmi la fiducia dei miei compagni non arrendenomi mai visto che con la lingua per i primi mesi non c’era verso.
Sono diventato capitano in Italia, in Inghilterra e in Sudafrica.

Prima di trasferirmi qui in Sudafrica, dove in 3 anni ho vinto piu’ trofei di squadra e personali che non nel resto della mia carriera, ho giocato e perso chissa’ quante partite.

Ma in in questi 25 anni, non ho mai smesso di giocare a calcio, o di pensare di smettere.
Correre e faticare, a gennaio in Sudafrica come a settembre in Europa, mi ha fatto sempre piacere. Perche’, alla fine, voglio tornare a sedermi li’, nello spogliatoio, circondato dai miei compagni e in attessa dell’ennesima battaglia sul campo da calcio. Anche se quel numero 18 che mi e’ stato assegnato dal Panorama F.C. 3 anni fa, quando ero bambino non mi avrebbe neppure visto partire dalla panchina…

E poi ditemi se questo non e’ lo sport piu’ bello del mondo.

Qui sotto la medaglia ufficiale della federazione che ci e’ stata consegnata Sabato alla premiazione per la stagione 2010. Alla fine si gioca ogni tanto anche per vincere!

The RCLFA medal

Un weekend di sport: Sabato, le gioie del calcio

E’ davvero strano fare parte di una societa’ sportiva in cui improvvisamente sono stati versati soldi (tramite sponsor, lotteria e finanziamenti) e che adesso punta a diventare il club numero uno nel Gauteng (la Lombardia sudafricana).

Basta vedere le differenze tra il 2008, quando per la prima volta mi ero presentato al prizegiving societario, dove una sala da ballo era bastata per fare sedere la maggior parte dei soci, e il 2010, dove hanno dovuto piantare un tendone enorme per far accomodare calciatori di tutte le eta’, famigliari e ospiti vari.

Prizegiving at Panorama (2010)
Il tendone

Con un numero di squadre giovanili da far paura, e con calciatori selezionati per andare nelle giovanili delle squadre della seria A locale (due ora giocano col Kaiser Chiefs), il Panorama si sta garentendo un futuro prospero.

E’ anche strano parlare con uno degli ospiti e scoprire che e’ uno degli scout inglesi per il Leed United ed ha intenzione di portare l’anno prossimo due-tre giocatori quattordicenni per vedere come se la cavano nel clima inglese.

Forse e’ per quello che vincere per la seconda volta il trofeo di giocatore dell’anno (stavolta con cap commemorativa) nella mia categoria davanti ad una folla di 500 persone e’ diverso. Sentirsi applaudire da quel centinaio di bambini e teenagers che mi conoscono solo di nome e’ un’esperienza mai vissuta prima.

Prizegiving at Panorama (2010)
Si, come nel 2008 hanno sbagliato ancora a scrivere il mio cognome

Prizegiving at Panorama (2010)
Il cappellino commemorativo

Inoltre, grazie alla vittoria in campionato, al passaggio di secondo turno nella coppa regionale, e ai quarti della coppa di lega, la mia squadra ha vinto il trofeo di squadra dell’anno, arrivano davanti a tutte le altre squadre che nonostante tutto hanno fatto vivere alla societa’ l’annata migliore dall’anno della fondazione a questa parte.

Prizegiving at Panorama (2010)
Squadra dell’anno

E, ancora una volta, sono stato io in qualita’ di capitano a ritirare il trofeo. Lo so, l’ego rischia di crescere a dismisura ma con pochi anni rimasti nella mia carriera, ormai devo riuscire a godere tutte quelle occasioni che mi capitano!