Ho scoperto che mi piace nuotare, in gara, all’aperto.
Dopo una vita passata ad evitarlo, e gli ultimi 2 anni passati ad annaspare durante qualsiasi triathlon, sto finalmente riuscendo a vedere progressi. Certo, 4 mesi passati a fare lezioni private una volta a settimana alle 5.30 di mattina a 30km da qui sono servite, e anche se non sono sicuramente velocissimo, il mio stile e’ migliorato, e mi stanco sempre di meno.
Dopo la 2km a Durban, avevo deciso di partecipare alla mia prima gare ufficiale di nuoto. 800 metri all’interno di un lago artificiale dentro l’Hero Adventure Park, un’area del bellissimo Heia Safari dedicata agli sport (nuoto, mountain bike o corsa su montagna).
Sulla diga
Arrivato col mio solito compare (Curtis, che inizialmente voleva correre mentre io nuotavo, cambiando poi idea), in una fredda mattina di Domenica, avevo 2 ore di tempo prima della mia frazione.
I concorrenti della gara lunga (3km) erano gia’ in acqua da mezz’ora, mentre io bevevo un caffe’ tentando di tenermi caldo e pensando che l’acqua non era cosi’ tiepida come speravo.
Era la mia prima gara su quella distanza senza la mia tuta da nuoto che di solito utilizzo per i triathlon. Il costume intero sicuramente non mi scaldava tanto quanto la mia cara muta.
La partenza era fissata alle 10.20, ed entravo in acqua 10 minuti prima giusto per controllarne la temperatura. La giornata, inizialmente nuvolosa e fredda, stava leggermente scaldandosi, ma l’acqua rimaneva sotto i 20 gradi.
Partenza!
Alla partenza, con un’altra settantina di partecipanti, decidevo che il mio obiettivo, oltre a finire la gara, era di concentrarmi sullo stile e sulla respirazione, non preoccupandomi troppo della velocita’. Mi scordavo di concentrarmi sulla direzione pero’, e dopo i primi 200 metri perfetti, svoltavo alla boa e avevo difficolta’ ad orientarmi, per colpa del solito colore delle boe (rosse) che si confondeva con il verde circostante.
Il lago, e sotto niente
In qualche modo riuscivo a trovare la terza boa e poi la quarta e finivo i miei 800 metri (saranno 1000 alla fine…) intorno ai 26 minuti, 54esimo. Uscivo dall’acqua abbastanza riposato, con la grazia di un pinguino visto che non avevo spinto, tanto che la prossima volta probabilmente prendero’ parte al miglio (1600 metri).
Aquaman
Comunque alla fine prendevo la mia prima medaglia da nuotatore:
Purtroppo di foto ufficiali fatte durante il tri rock di Durban non ne ho trovate tantissime. Durante la parte in bici i numeri erano seminascosti, mentre durante la corsa il numero continuava a staccarsi.
Almeno sono riuscito a recuperarne due:
A pochi chilometri dalla seconda transizione (si vede che sono leggermente stanco…)
Durante uno dei tre giri sulla spiaggia
La prossima volta dovro’ scrivermi il numero con il pennarellone direttamente sul faccione….(si’, ci sara’ una prossima volta!)
Finalmente il momento tanto atteso sta arrivando. Dopo aver approfittato dell’ospitalita’ di Shari in Howick due notti prima, a circa 100km da Durban (ma a ben 500km da casa), e aver passato una serata rilassante ieri sera, in un albergo a pochi chilometri dalla spiaggia, sto per tuffarmi in acqua per la parte piu’ difficile del mio primo 70.3 Half Iron Man (il Tri Rock di Durban): il nuoto.
Mentre mi preparo alle 6 di mattina
Pochi minuti prima della partenza
Il giorno prima con Lindsey e Shari mi ero presentato a questo stesso molo per provare a capire due movimenti che mi erano sconosciuti: correre verso il mare aperto, tentando di tuffarmi nelle onde per riuscire a prendere il ritmo prima possibile, ed uscire, evitando lo forti correnti che continuano a spedirmi 10-15 metri piu’ indietro di dove avevo iniziato.
Tre gruppi sono gia’ partiti, inclusi i professionisti che probabilmente hanno quasi finito i 2km o poco meno di nuoto. Il percorso e’ stato cambiato visto che piu’ a Nord il giorno prima le onde avevano creato condizioni impossibili.
Le onde il giorno prima
Divieto di nuoto il sabato prima della gara
“Wave number 4, 2 minutes to go”
Saluto Lindsey, e vedo la preoccupazione sul suo viso. Sa benissimo che delle tre discipline, il nuoto e’ quella in cui me la cavo meno. Io che solo settimana scorsa sono quasi affogata durante uno sprint triathlon, e che per migliorare mi sono preso un insegnante privato che incontro ogni Venerdi’ alle 6.30 di mattina a 30km da casa mia.
Guardo tutte le persone intorno a me, e la maggior parte sono piu’ alte, piu’ in forma, e decisamente piu’ a loro agio sul mare. Probabilmente vivono a pochi chilometri dall’Oceano, oppure hanno anni di esperienza.
“Wave number 4, 10 seconds…9… 8…”
Sono tutti gia’ partiti. Una corsa di 20 metri in acqua alta fino alle ginocchia e poi ecco le onde, che nascondono la prima boa, a 100 metri da qui. Mi butto contro la prima onda, e riesco in qualche modo a trovare un ritmo. Inizio a nuotare. Respirazione unilaterale (purtroppo ancora mi sfugge il respiro su due lati). Mi faccio largo tra un po’ di nuotatori, e, in poco tempo arrivo alla boa. La sorpasso e volto a sinistra, cercando la seconda boa, a poco meno di 2 km di distanza. Con le onde e’ difficile vederla, ma appena la scorgo, cosi’ lontana, guardo subito in alto in direzione della spiaggia, cercando punti di riferimento verticale. Il Suncoast casino e’ li, e a poca distanza vedo il bellissimo stadio Moses Madhiba costruito per i mondiali di 4 anni fa. Sara’ il mio punto di riferimento.
Si parte!
Prima boa
Non sono velocissimo, ma non mi fermo mai. Se qualche nuotatore si aggiunge di fianco a me, tento di seguirlo per evitare di perdere tempo guardando davanti. Altrimenti mi tocca muovere la testa e cercare l’arco dello stadio.
Il ritmo non e’ velocissimo, ma qui in mare aperto e’ quello che mi serve: regolare. Non sbuffo, non bevo acqua, mi concentro sulla tecnica e vado avanti. A meta’ gara mi passa sotto la faccia un blue bottle, una specia di medusa (anche se in verita’ non lo e’), che mi tocca coi tentacoli e mi provaca un fastidio mica da poco sul naso e sulla bocca (non saro’ il solo).
Dopo 40 minuti finalmente passo la seconda boa e svolto ancora a sinistra, dove vedo la spiaggia. Gli ultimi 100 metri sono brutali. Le onde sono salite e la fortissima corrente continua a rendere la spiaggia un miraggio inarrivabile. Vedo un po’ di persone, piu’ affaticate di me, avere difficolta’ ad uscire. Io invece di tirare dritto decido di prendere una via piu’ lunga, tornando quasi indietro, e tagliando la corrente.
Esco dopo 2km in 46 minuti, e prima della transizione mi tocca correre 800 metri tentando di togliermi la tuta da nuoto (super aderente). Vedo Lindsey proprio prima delle bici, ed entrambi ci scambiano un sorriso sapendo che la parte difficile e’ finita senza problemi.
Finalmente fuori
Prendo le bottiglie d’acqua che mi fornisce al volo, e parto, per 90km di bici lungo la costa.
Dopo qualche chilometro di assestamento, noto la piu’ grande differenza con il nuoto: il silenzio. Mentre nuotavo il costante rumore dell’oceano intorno a me, e la musica di sottofondo proveniente dalla spiaggia erano continuamente presenti. Qui, con regole di non-drafting (non puoi andare in scia a nessuno, devi avere almeno 10 metri di distanza), e l’autostrada chiusa alla macchina, non sento nessuno rumore. Non c’e’ traffico, ci sono pochi spettatori (tutti saranno intorno al percorso di 7km, da fare 3 volte, sulla spiaggia) e in generale, lungo la costa settentrionale di Durban, non ci abita proprio nessuno.
45km verso Ballito, continuando a salire negli ultimi 15. E poi via verso Durban, tentando di scorgere lo stadio, che mi indica il punto di arrivo. L’unico mio pensiero, mentre volo a 50km/h in posizione aerodinamica, e di non forare, ma fortunatamente le strade sono in condizioni perfette.
Tempo di salire in bici
Dopo 3 ore e 10 minuti vedo di nuovo Lindsey, davanti all’ultima area di transizione. Le nuvole sono sparite, e ormai il sole (siamo vicini a mezzogiorno) sta iniziando a picchiare. Scendo dalla bici in qualche modo (nessuno scende in maniera elegante), saluto Lindsey e inizio a correre. 7km lungo la spiaggia, 3 giri, 35 gradi.
E ora si corre
Il primo giro e’ un dolore unico. Le ginocchia stanno per crollare, e non riesco a prendere il ritmo. Ma continuo a correre. Mai fermarsi. Nel secondo finalmente sgranchisco un po’ le gambe ma le stazioni di rifornimento (ben 4 lungo i 7km) mi sembrano lontanissime, e inizio a soffrire il caldo. Ad ogni stazione passo, afferro due bicchiere, ne bevo uno e me ne rovescio un altro sulla testa.
Il caldo e’ terribile, e fortunamente Lindsey mi si presenta con la soluzione: un ghiacciolo. A meta’ del secondo giro e’ in piedi, offrendomi il ghiacciolo mentre corro. Lo prendo, e finalmente riesco a sentirmi meglio mentre in qualche modo corro e succhio allo stesso momento. Un giro piu’ tardi, mentre sto per concludere la gare, vedo altre mogli o ragazze che prendono il prestito la stessa idea per i loro amati corridori.
A 200 metri dalla fine, davanti allo stadio, finalmente posso svoltare a sinistra, verso l’arrivo (in salita) e non a destra per un ennesimo giro. Arrivo stremato. Morto. Ma arrivo. Poco meno di 2 ore di corsa. Totale 6 ore e 2 minuti, passate senza mai fermarmi.
Il faccione mi da ancora fastidio per colpa della medusa di 5 ore prima, ma poco importa. Ho finito il mio primo half iron man, 113km di gloria e dolore.
Finita!
Sono leggermente stanco…
Non e’ una bellissima medaglia?
Mi merito un bacio, una medaglia, una birra e una pomeriggio rilassante. Sono un eroe. Almeno a casa mia.
In cima allo stadio, a rilassarmi
I dettagli della gara sono qui: (finalmente raggruppati in una sola pagina)