Non mi rimane che pedalare nella polvere

Un sabato da dimenticare. Giocavamo a Randburg, storici avversari locali, per continuare la serie di partite senza sconfitte e sigillare un campionato ormai quasi nelle nostre mani. E invece, sotto un solo africano primaverile (28 gradi, zero nuvole, temperatura secca), siamo stati divorati e dopo 50 minuti il risultato era gia’ deciso: 0-3 e tutti a casa.

L’allenatore ha deciso di impiegarmi (questo maledetto turnover) solo negli ultimi 30 minuti, e solo grazie ad un caterva infinita di insulti sono riuscito a risvegliare una squadra che rischiava di venire seppellita da troppi goal. Purtroppo il mio contributo si e’ fermato a due pali presi in contropiede (quanto odio quei pali bastardi) e il solito contributo che purtroppo e’ servito a poco, con una squadra stranamente rassegnata e poco combattiva intorno.

Inutile parlare di poche ore dopo, quando una squadra ormai ridotta ad un mercato da provinciale veniva distrutta da un’altra che per fortuna domina solo in Italia (e infatti non viene mai considerata quando si parla di pretendenti alla Champions League).

E allora cosa mi rimane? Pedalare.

Mi sono iscritto col mio compare alcolico Curtis alla serie di gare nazionali di Mountain Bike, e domenica, dopo una 45km (spacciata per 35km al momento dell’iscrizione) passata a pedalare nella polvere (e mangiandone un sacco) e su rocce che rischiavano di spaccare il mio telaio (troppo rigido e con gli ammortizzatori distrutti), siamo riusciti a finire il percorso senza morire o senza forare…

Alla fine mi sono classificato 206esimo (179 nella mia categoria, a quanto pare ci sono un sacco di vecchi), con un tempo finale di 2 ore e 21 minuti (di cui 5 spesi nei 100 metri alla partenza). Curtis e’ arrivato 213 a 1 minuto e 20 secondi. Su 400 classificati, e alla mia seconda gara in assoluto, con una bici ridicola rispetto alla competizione, non e’ male per niente…

The map of the course...

Il percorso di gara (quasi)

Starting grid

10 minuti prima della partenza

Curtis and Olaf

10 minuti dopo l’arrivo

My poor bike

La mia poverissima bici

Another medal for the collection

Un’altra medaglia per una collezione infinita

My personal reward!

Il mio trofeo personale (primo canegratese classificato)

Altri Foto dell’evento qui (ho ordinato le foto ufficiali, un giorno mi arriveranno…)

Quelle telefonate che ti aspetti, ma che comunque non vorresti mai ricevere

Non riesco a dormire. Ho appena guardato l’orologio, sono le tre di notte.
Lindsey, di fianco a me, dorme ormai da ore. Io sono tornato dagli allenamenti, stanco e con ancora le vesciche sui talloni che non si sono completamente chiuse (correre sta diventando un’impresa, ma con la stagione agli sgoccioli e un primo posto in classifica continuo a soffrire).

Tento, come al solito, di concentrarmi su qualcosa per addormentarmi. Purtroppo Bruce, ai piedi del letto, continua a russare e in lontananza sento un allarme che continua a rompere il silenzio notturno. E’ uno di quei allarmi irregolari, che cambiano frequenza e suono ogni 4/5 secondi.
Impossibile addormentarsi.

Penso alla telefonata. Mio padre mi aveva avvertito: suo fratello, mio zio Tino, stava peggiorando.
Il dottore una o due settimane fa gli aveva dato forse un mese di vita. Purtroppo aveva sbagliato, e cosi’, in una sera di agosto, era morto, circondato da Davide e da sua moglie Graziella.

E cosi’, come ogni volta che muore qualcuno (quest’anno e’ gia’ capitato con mio nonno in maggio), torno malinconico e ripenso ad un passato che continua ad allontanarsi sempre di piu’.

Ripenso a quei Natali passati con tutta la famiglia, zii e nonni compresi, e quelle tavolate che sembravano immense per un bambino di 10 anni. Con il passare degli anni il numero di partecipanti e’ diminuito, fino ad arrivare ad un minimo storico l’anno scorso, quando pure io, dopo 30 e passa anni di partecipazione, rimasi in Sudafrica.

Ripenso a quando ero Bersagliere, nel 99 (ormai 10 anni fa). Difficile far capire il fascino della divisa, soprattutto di quella piumata, a persone che non hanno sangue militare in famiglia.

Mio nonno era bersagliere durante la prima guerra mondiale, il fratello piu’ vecchio di mio padre era bersagliere 20 anni piu’ tardi.
E ora toccava a me. Tornavo a casa e dopo avere passato anni a cazzeggiare, finalmente avevo trovato qualcosa che mi piaceva fare (la scelta di emigrare nacque proprio mentre ero nell’esercito). Mio cugino Davide ancora studiava, e suo padre, ogni volta che mi vedeva con quella divisa – quando tornavo in licenza – generosamente mi donava 50.000 lire che ai tempi mi bastavano per un mese.  Non ha mai saputo quante pizze e film mi ha pagato!

Qualche anno piu’ tardi Davide diventava Alpino, si laureava (il primo maschio della famiglia, tutte le femmine di erano laureate prima), e tornava a fare carriera nell’esercito, per la gioia di suo padre, mai cosi’ fiero di lui (e con la nascita di Tommaso, il figlio di Simona e Marco, e il suo primo nipote, credo che la sua vita fosse piena di gioie).

Ripenso a quella visita lampo in Italia il mese scorso, e quell’ultimo barbecue a casa di mio padre.

Ripenso a quella telefonata tre settimane piu’ tardi, l’ultima volta che parlai con lui. Come tutti i maschi nella nostra famiglia, le nostre conversazioni telefoniche di solito erano corte, ma quella volta si era soffermato per parlarmi del futuro, di Lindsey, di mio padre. Sembrava una telefonata d’addio, ma non potevo saperlo allora.

Ora non c’e’ piu’. E la mia famiglia si riduce di un altro elemento.

E ripenso a quelle tavolate immense, e di come, col tempo, si sono ridotte.

Uno strano weekend, tra calcio, bici e transessuali venuti dal pianeta Transsexual, Transylvania

Me ne ero accorto venerdi’. Alla sera, invece di rilassarmi come al solito scegliendo gli ingredienti per qualche cocktail nel mio pub casalingo e guardare la tv, avevo mal di testa e un caldo esagerato. Il naso era tappato. La gola bruciava, nonostante gargarismi con la vodka per tentare di calmare il fastidio.

La mattina dopo era ufficiale: avevo (e ho ancora) l’influenza. Peccato che poche ore dopo dovevo giocare a calcio, poi tornare a casa a lavorare in giardino, per poi uscire la sera, risvegliarmi alle 6.30 di mattina di domenica e andare a partecipare alla mia prima gara di cross con la Mountain Bike.

Tutti mi avevano avvisato: calmati Olaf, stai a letto, rilassati, altrimenti e’ peggio.

Surviving the next day

Fazzoletti pronti all’uso

E invece regolarmente alle 15.30 entravo in campo a Robertsham, con i talloni ancora doloranti per le vesciche maledette scoppiate giovedi’ mentre provavo le scarpe nuove, e un mal di testa esagerato. In qualche modo mi tenevo in piedi, giusto per dare l’assist dell’1-0, segnare di testa (ripeto, di TESTA, non succedeva dal 98) il goal del 2-0 e bere due birre ghiacciate come premio prima di tornare a casa. (tra l’altro non segnavo tre goal in campionato dal 98 o 99…)

A casa ero un zombie. A casa della sorella di Lindsey, ero morto, e non riuscivo neppure ad ascoltare i discorsi che si facevano intorno a me.

Poi, arrivava domenica mattina. Curtis (il ragazzo di Jill, la sorella maggiore di Lindsey, e mio compagno irlandese di bevute) passava a prendermi alle 6.30 per la mia prima gara di Mountain Bike, l’Urban Assault, 35km di percorso tra colline, fango, fiumi, campi e addirittura in mezzo ai vari informal settlementes dove, tra mille catepecchie, i poveracci neri si vedevano sfrecciare bici che valevano da sole piu’ di quanto loro mettevano insieme in 2 anni di lavoro… (nonostante tutti i bambini erano tifosi fantastici).

Arrivavo alla fine del percorso in 2 ore e 11 minuti, 30 secondi davanti al mio compare, giusto in tempo per collassare sull’erba nel caldo primaverile sudafricano.

Tornato a casa, doccia e via, a quanto pare ero stato invitato al Barnyard Theatre, qui vicino, per gustarmi the Rocky Horror Picture Show.
Ora, il concetto del Barnyard Theatre e’ fantastico, ti porti da mangiare quello che vuoi da dove vuoi, ti prendi un tavolo e paghi solo da bere, gustandoti lo show.
Con la temperatura a 40 e stanchezza nel corpo, tutto mi sembrava un incubo di uomini vestiti come donne, donne che ci comportano come uomini, sesso tra maschi e in generale applausi e musica a mille.

Normalmente mi sarei anche gustato quello show (se non altro per le musiche) ma ero ormai cotto, e durante la notte avevo paura di aprire gli occhi e vedere Frank N, Further sopra di me, pronto a baciarmi…

Curtis and the Olaf Meister

Curtis e io subito pronti a soffrire

Guess who's the guy with the strange helmet

Notare il mio fantastico elmetto anni ’70

The medal!

La medaglia finale

Aggiornamenti sportivi sudafricani

E cosi’ l’inverno qui e’ ufficialmente finito.

Due mesi di temperature pazze (caldo di giorno, gelo di notte) e oggi, giorno di festa nazionale (festa delle donne, qui a quanto pare vale addirittura un lunedi’ senza lavoro, anche se io, seguendo le feste londinesi, sono qui in ufficio), il sole e’ tornato a scaldare il sudafrica.
25 gradi poche settimane prima dell’inizio ufficiale della primavera. Di notte ormai con 10 gradi fa abbastanza fresco per gustarsi la serata fuori, soprattutto durante gli allenamenti di calcio.

La stagione calcistica continua, anche se durante le ultime 3 settimane non abbiamo giocato una sola partita. Due di queste sono state vinte a tavolino (avversari arrivati in ritardo…) e settimana scorsa era turno di riposo. Siamo ancora primi, e nei quarti della coppa di lega.

Da quanto sono tornato dall’Italia, con i muscoli rilassati , ho ricominciato ad allenarmi come ai bei tempi: corsa, bici e addirittura nuoto.
Siccome fare dieta per perdere peso (e soprattutto rinunciare agli alcolici) non e’ da me, ho ricominciato a seguire il mio mantra londinese: sport fino a morire, e che le calorie in piu’ vengano castigate in questo modo.

Domenica prossima partecipero’ all’ Urban Assault, una gara di Mountain Bike di sopravvivenza simile al  Tough Guy del 2007 (in bici invece che di corsa). Con le ginocchia che ancora sono doloranti se corro piu’ di un’ora, ho deciso che fare corse pazze in bici e’ un ottima alternativa alla mia terapia pro-dolore.

Si, l’Olaf Meister, il re del no pain no gain, sta piano piano tornando.