Ogni tanto mi chiedo ancora se riusciro’ a giocare a calcio per altri 10 anni, come mi ero sempre promesso.
Sara’ il periodo che non mi lascia tempo libero per concentrarmi su nient’altro che matrimonio e pratiche per la casa (mi sembra di essere tornato in Italia per quanto riguarda la burocrazia…), sara’ il fatto che ricominciare a giocare in una squadra totalmente nuova, dove io sono uno dei pochi stranieri e over 30, sara’ che ormai ricorro sistematicamente al fallo tattico se qualcuno mi supera, ma ogni tanto mi sento davvero vecchio.
Il problema e’ sapere che nelle gambe e nella testa ho ancora tanto da dare, specialmente in un paese che sta andando all’indietro come il SudAfrica (calcisticamente parlando sono zero, politicamente parlando sono 0 virgola 1 – a presto un bell’articolo che ovviamente finira’ con aggiungermi l’etichetta di razzista a quella di stronzo), ma pressioni esterne, futura moglie e vita futura in generale, pressano probabilmente cercando di convincermi che forse e’ tempo di smettere.
Peccato non capiscano.
Peccato che neppure io riesca ad esprimere in inglese il significato che ha il calcio per me. Forse frasi del tipo "Per tre volte alla settimana tu non conti niente, ci sono solo io, il pallone, e altri 11 avversari da uccidere" ogni tanto dovrei tenermele nei polmoni, evitando quell’ultima spinta che porta il fiato a modulare tramite corde vocali frasi di cui poi ci si pente.
E in queste cose sono un maestro.
E no Paolo, giocare a calcetto e’ per gay. Giocare negli over-35 e’ per vecchi.