Quel terzo mondo cosi’ secco

L’inverno qui in Sudafrica, sull’altopiano di Johannsburg (che credo abbia anche un nome, ma sinceramente sara’ uno di qui nomi assurdi Afrikaneers impossibili da ricordare) e’ secchissimo. Ora e’ primavera e oltre ad essere secco, fa caldissimo (30 gradi ormai)

Qui, tranne due giorni in Luglio, entrambi di sabato ( proprio quando dovevo giocare), non piove da Giugno.

Tutta l’area circostante (verdissima) e’ secca, e incendi scoppiano dovunque. Ogni settimana, guidando o correndo, ne vedo almeno 6 o 7, di piccola o media grandezza. Nessuno se ne cura, nessuno si preoccupa. Il fuoco, in assenza di vento, muore da solo e si estingue di solito contro il cemento delle prime case che trova. Pompieri non se ne sentono e nessuno ci fa caso, abituati come sono.

Ieri uno di quei piccoli incendi e’ scoppiato qui di fianco, a 50 metri da casa mia. Sentivo puzza di bruciato tutta la mattina e naturalmente sono andato a sbirciare.

Queste sono le due foto di ieri:

Fires in Weltevreden Park

Fires in Weltevreden Park

E questo e’ come e’ conciato lo stesso posto oggi:

Fires in Weltevreden Park

Tre giorni per la gloria

Sono tornato da qualche giorno da una visita lampo in Italia (presto le foto), e appena atterrato, dopo aver salutato cani e moglie, mi sono presentato allo stadio dei Crusaders per la penultima partita della stagione.

Nonostante gli infortuni che hanno compromesso la prima parte della stagione, ora, in forma molto piu’ di altri, sono costretto e fare panchina ed entrare regolarmente nel secondo tempo perche’ l’allenatore ha scoperto, di colpo, la mia duttilita’ tattica.
In pratica posso giocare in qualsiasi dei sei ruoli davanti (centrocampista o attaccante), ma solo come riserva della squadra che fino a questa momento e’ in vetta.

Un po’ una maledizione. Nonostante questo, sono chiamato ad entrare per smuovere la squadra che regolarmente nei secondi tempi si addormenta, insultando a destra e manca tutti i miei compagni (visto che, sempre a seconda dell’allenatore, sono capace di correre e urlare senza problemi per tutta la partita…e ho carta bianca riguardo agli insulti).

Abbiamo vinto 2-0 (infilandomi nell’azione del secondo goal) e ora siamo ad una partita dalla vittoria di campionato.

Giovedi’ sera (domani) giochiamo i quarti di finali di coppa di lega (di cui siamo i detentori), e 2 giorni dopo sfida campionato con il Daxina F.C., indietro di soli 2 punti con lo stesso numero di partite.
Ci basta un pareggio, ma si sa, meglio pensare solo alla vittoria.

In quel caso aspettatavi di vedere foto del vostro italiano in sudafrica preferito molto, molto ubriaco….

In Italia

Saro’ in Italia per una breve visita, da Lunedi’ 7 Settembre (atterro via Zurigo a Malpensa) a Venerdi’ 11 (volo via la sera).

Purtroppo niente weekend. Se volete mi incontrate al solito posto (il Texas) dopo lavoro. Il numero lo conoscete, e’ sempre lo stesso!

Qualche foto ufficiale

Finalmente mi hanno spedito le foto ufficiali delle due gare di mountain bike fatte recentemente.

MTN National Series:

At the blockhouse

Notare il petto nudo da vero campione.

Urban Assault:

At the Urban Assault

Dovro’ comprare un nuovo elmetto, questo qui prestato dal padre di Lindsey (modello proveniente direttamente dagli anni 80, in piena era Apartheid) non mi convince troppo…

Quelle telefonate che ti aspetti, ma che comunque non vorresti mai ricevere

Non riesco a dormire. Ho appena guardato l’orologio, sono le tre di notte.
Lindsey, di fianco a me, dorme ormai da ore. Io sono tornato dagli allenamenti, stanco e con ancora le vesciche sui talloni che non si sono completamente chiuse (correre sta diventando un’impresa, ma con la stagione agli sgoccioli e un primo posto in classifica continuo a soffrire).

Tento, come al solito, di concentrarmi su qualcosa per addormentarmi. Purtroppo Bruce, ai piedi del letto, continua a russare e in lontananza sento un allarme che continua a rompere il silenzio notturno. E’ uno di quei allarmi irregolari, che cambiano frequenza e suono ogni 4/5 secondi.
Impossibile addormentarsi.

Penso alla telefonata. Mio padre mi aveva avvertito: suo fratello, mio zio Tino, stava peggiorando.
Il dottore una o due settimane fa gli aveva dato forse un mese di vita. Purtroppo aveva sbagliato, e cosi’, in una sera di agosto, era morto, circondato da Davide e da sua moglie Graziella.

E cosi’, come ogni volta che muore qualcuno (quest’anno e’ gia’ capitato con mio nonno in maggio), torno malinconico e ripenso ad un passato che continua ad allontanarsi sempre di piu’.

Ripenso a quei Natali passati con tutta la famiglia, zii e nonni compresi, e quelle tavolate che sembravano immense per un bambino di 10 anni. Con il passare degli anni il numero di partecipanti e’ diminuito, fino ad arrivare ad un minimo storico l’anno scorso, quando pure io, dopo 30 e passa anni di partecipazione, rimasi in Sudafrica.

Ripenso a quando ero Bersagliere, nel 99 (ormai 10 anni fa). Difficile far capire il fascino della divisa, soprattutto di quella piumata, a persone che non hanno sangue militare in famiglia.

Mio nonno era bersagliere durante la prima guerra mondiale, il fratello piu’ vecchio di mio padre era bersagliere 20 anni piu’ tardi.
E ora toccava a me. Tornavo a casa e dopo avere passato anni a cazzeggiare, finalmente avevo trovato qualcosa che mi piaceva fare (la scelta di emigrare nacque proprio mentre ero nell’esercito). Mio cugino Davide ancora studiava, e suo padre, ogni volta che mi vedeva con quella divisa – quando tornavo in licenza – generosamente mi donava 50.000 lire che ai tempi mi bastavano per un mese.  Non ha mai saputo quante pizze e film mi ha pagato!

Qualche anno piu’ tardi Davide diventava Alpino, si laureava (il primo maschio della famiglia, tutte le femmine di erano laureate prima), e tornava a fare carriera nell’esercito, per la gioia di suo padre, mai cosi’ fiero di lui (e con la nascita di Tommaso, il figlio di Simona e Marco, e il suo primo nipote, credo che la sua vita fosse piena di gioie).

Ripenso a quella visita lampo in Italia il mese scorso, e quell’ultimo barbecue a casa di mio padre.

Ripenso a quella telefonata tre settimane piu’ tardi, l’ultima volta che parlai con lui. Come tutti i maschi nella nostra famiglia, le nostre conversazioni telefoniche di solito erano corte, ma quella volta si era soffermato per parlarmi del futuro, di Lindsey, di mio padre. Sembrava una telefonata d’addio, ma non potevo saperlo allora.

Ora non c’e’ piu’. E la mia famiglia si riduce di un altro elemento.

E ripenso a quelle tavolate immense, e di come, col tempo, si sono ridotte.