Questo sara’ il primo Natale lontano da casa. Dalla famiglia, dagli amici, dal Texas e dalla sua spettacolare birra di Natale che ogni anno mi aveva fatto ubriacare 7 giorni su 7.
Da queste parti il Natale immagino sara’ bene o male uguale, con la sola differenza del clima: invece del freddo e miserabile inverno, che ti invita ad entrare dentro un bar per scaldarsi e ubriacarsi, qui e’ piena estate, e per il 24/35 dicembre ci saranno una trentina di gradi.
La famiglia di Lindsey verra’ a casa nostra, e ovviamente i preparativi sono in fase avanzata: Lidnsey si occupa di decorazioni e cibarie varie, io degli alcolici e di appendere poster e foto sulle pareti (sono li’ che aspettano da settimane).
Il problema e’ che, nonostante tutto, sono un po’ triste.
Mi manchera’ la cena di Natale (durata media 20 minuti prima di andare al Texas), il pranzo famigliare del 25 (quello che dura un’intera giornata, prima di andare al Texas), il compleanno di Beppe (al Texas) e in generale le solite facce che rivedevo a Dicembre ogni volta che tornavo da Londra, da Massi a Mera, a Davide e Renato, fino all’occasionale gruppo veneto – cosi’ importante nel secolo scorso (Mauro, Alessia e Gualtiero) – fino a tutti quelli che venivano a farsi una birra o un cocktail al Texas…
Qui, oltre all’aspetto commerciale delle festivita’, devo anche sorbirmi l’aspetto religioso, che evitavo con grazia da almeno 10 anni.
Ci sarebbe da scrivere un intero articolo per discutere di come la gente prende sul serio la Bibbia da queste parti (creazionismo non dice niente?), ma visto che a Natale siamo tutti piu’ buoni, mi riservero’ di discuterne a riguardo solo dopo le festivita’…